Scienza e natura: un binomio spesso sottovalutato, due termini considerati talvolta in contrasto per non dire quasi agli antipodi. In realtà parliamo di due facce della stessa medaglia, che si rincorrono e dialogano cercando soluzioni a medesimi problemi. Perché se la natura fa il suo corso, la scienza non può che osservarla, studiarla e imparare per aiutare l’uomo ad affrontare i suoi quotidiani problemi.
Un fragile e delicato equilibrio, un filo sottile che Christian Bernasconi utilizza abilmente per cucire e unire conoscenza e divulgazione. Due termini che si intrecciano dando vita a una passione: “Il Giardino di Albert”.
Il Giardino di Albert
D. Christian Bernasconi, dove nasce questa passione per la scienza e la divulgazione?
R. Semplicemente dai miei studi in biologia all’Università di Losanna, dove ho conseguito un dottorato in genetica delle popolazioni con lo studio sulle formiche. Un tema particolare, condotto sotto la guida di Daniel Cherix, professore che mi ha insegnato a guardare non solo alle pubblicazioni scientifiche, ma anche al ruolo divulgativo e quindi alla diffusione tra il grande pubblico di conoscenze specialistiche. Da qui è nato e si è sviluppato il mio impegno nel rendere più accessibili le informazioni a chi ci guarda e ascolta. In questo senso la passione per la scienza e la natura non potevano che diventare il mio lavoro.
D. Parliamo dunque di lavoro e quindi della trasmissione Il Giardino di Albert, oggi un sicuro riferimento per la divulgazione in ambito scientifico. Ci vuole raccontare come nasce la sua passione per il programma e come è approdato sul piccolo schermo?
R. Entrai in televisione nel 2018 quando Giovanni Pellegri, storico conduttore della trasmissione, decise di cambiare lavoro. La RSI in quel momento fece dei provini e io presi la palla al balzo mettendomi in gioco. Una scelta saggia, non solo perché venni assunto con mia grande sorpresa ed emozione, ma anche perché da quel momento ho potuto mettere in pratica gli insegnamenti universitari, approfondendoli ulteriormente per spiegarli e renderli accessibili al grande pubblico. Un lavoro sicuramente gratificante e in linea con l’obiettivo delle accademie scientifiche, che è appunto quello di creare un ponte tra scienza e società.
Mi piace in particolare l’idea di lavorare e creare un linguaggio semplice, capace di portare alle persone comuni temi sovente confinati in riviste specialistiche e ad ambiti comunque molto ristretti. Per quanto riguarda la trasmissione, la cui produzione è diretta da Davide Conconi, posso dire che ci si incontra regolarmente con la redazione e tutto il team per la preparazione e la registrazione delle puntate. Il clima è molto piacevole e la squadra ha grande esperienza, che si è consolidata negli anni. Il mio inserimento è stato quindi molto più semplice.
Un lavoro di squadra che presuppone studio e preparazione, ingredienti necessari per arrivare al momento delle interviste con adeguate conoscenze. Queste sono infatti assolutamente fondamentali per semplificare il discorso e quindi presentarlo al pubblico in modo chiaro e conciso.
D. Una bella sfida quella di semplificare discorsi talvolta complessi e portarli a un pubblico di non specialisti. Come ha maturato e affinato queste abilità?
R. Sicuramente è una prova non indifferente ma anche molto gratificante. In questo senso Il Giardino di Albert è stato ed è ancora oggi una palestra, dove poter migliorare le competenze tecnico-scientifiche e quelle divulgative. Uscito dall’Università ho dovuto confrontarmi infatti con i tanti elementi che entrano in gioco lavorando nel piccolo schermo, a partire dall’importanza della comunicazione.
Poter contare sull’esperienza di Cecilia Broggini, che co-conduce Il Giardino di Albert da una decina di anni, è in questo senso molto positivo e tra noi c’è un’ottima intesa. Un lavoro multidisciplinare, sviluppato anche grazie ai tanti contatti con persone già frequentate in ambito universitario o nel mio precedente lavoro al Centro Pro Natura Lucomagno. Un’esperienza, quest’ultima, a difesa e salvaguardia della natura, maturata e sviluppata attraverso conferenze o gite guidate, strumenti che mi hanno permesso di affinare quelle competenze comunicative che oggi utilizzo con Il Giardino di Albert.
D. Lavoro e tempo libero: un binomio che sembra andare di pari passo e trovare alimento reciproco nel segno della divulgazione. Per lei l’impegno professionale e l’amore per la natura sono quindi due termini inscindibili?
R. Diciamo che la passione per la divulgazione è sempre stata nella mia indole. Già da piccolo seguivo le trasmissioni dedicate alla natura proposte dalla RSI (come ad esempio Natura Amica), oggi invece ho il privilegio di lavorare per Il Giardino di Albert.
A questo lavoro affianco l’impegno presso la Fondazione Alpina per le Scienze della Vita (FASV) a Olivone, dove proponiamo alle classi scolastiche che vengono in Valle di Blenio per la “settimana verde”, soggiorni di scoperta scientifica e del territorio.
Amo la montagna come l’attività divulgativa, quindi per me è del tutto naturale associare l’impegno formativo e informativo con le escursioni in ambiente alpino. Non a caso sto lavorando a un progetto che vuole evidenziare il ruolo dei cambiamenti climatici in questa regione, anche seguendo i ricercatori sul campo, spesso oltre i duemila metri di altitudine. Trovo affascinante mettere in luce e spiegare che la ricerca sul campo è anche una sfida fisica.
D. Cosa ha in serbo per il prossimo futuro?
R. Il mio obiettivo è andare avanti per migliorare e imparare sempre più cose. Idee non ne mancano, a partire dalla volontà di tenersi aggiornati per trovare progetti di ricerca innovativi che offrano nuove prospettive, soprattutto nell’ambito delle nostre Alpi. Questo ci permetterebbe infatti di dimostrare che in Ticino ci sono persone di grande qualità impiegate in istituti scientifici di livello internazionale. Già questo credo che possa essere una sfida di non poco conto e un obiettivo sicuramente molto ambizioso, nel segno appunto della scienza, della natura e della tecnologia.